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‘Vita da covid’ di Pina Pulcina tra riflessioni e speranze.

Parliamo di pedagogia della paura

di Patrizia Lupini

Oggi la pedagogia ha assunto un ruolo di “via maestra” nella vita dell’uomo perché ha come obiettivo indagare e produrre alternative alle manifestazioni delle problematicità esistenziali contemporanee.

Non è facile gestire il nostro tempo, soprattutto questo tempo, soprattutto quando elementi accidentali, come la pandemia, sovrastano e rivelano  all’uomo la loro supremazia, mostrando a sé stesso la sua fragilità primordiale... paura, ansia, dubbi e una serie di interrogativi sul proprio valore.

Fra i tanti paladini del nostro tempo, per affrontare questa paura emerge la figura di un insegnante di Bussi sul Tirino, Pina Pulcina, da 35 anni nel mondo della scuola, la quale decide di pubblicare una serie di riflessioni personali rivolte alla sua nipotina di solo un anno affinché un giorno potrà conoscere quello che l’umanità sta vivendo e, purtroppo vive ancora, con il covid 19.

Questo grande mostro è presentato in “Vita da covid” edito da ‘Susil edizioni’, partendo dal giorno in cui “la paura” fa il suo ingresso trionfale nel nostro tempo, 

l’autrice cerca, attraverso queste pagine, di far reagire nel modo migliore ai pericoli del “Mostro”, ma non attraverso una tecnologia così avanzata come questa contemporanea, ma con  una pedagogia del         

positivo, radicata nella natura stessa dell’uomo che è un riconoscere le capacità della propria ragione come unica e ovvia fonte di verità. 

Il libro si presenta come racconto epistolare, una lettera che la nonna scrive alla nipotina descrivendo le situazioni di questo secolo con il suo bene e il suo male, ma ne parla con amore perché comunque l’amore è sempre il deus machina della vita. in alcuni passaggi, infatti, l'opera trasuda principi e valori di una Italia lontana, remota, affondata in cui, l’amore.

Una filigrana di immagini lievi e delicatissime, a cui fa riscontro una sensibilità spiccata per la natura ed i sentimenti.

E' presente, vieppiù, una sorta di alchimia tra nonna e nipote che rimbalza da una tenerezza interiore ad una sapienza strutturale ridotta all'essenzialità espressiva.

Pina si presenta, così, come terra e la sua amata nipotina come albero per intraprendere il loro viaggio terreno unite dall’amore, questo grande sentimento che riesce ad annientare qualsiasi dolore e a superare ogni ostacolo. “Vita da covid” è, dunque, una cellula staminale dell’organismo che si raffronta con la società civile cercando di far  reagire nel modo migliore ai pericoli attraverso  una pedagogia del positivo radicata nella natura stessa dell’uomo ...   essere autori della propria esistenza, quindi, seguire la pedagogia del positivo assieme alla pedagogia della paura, per intraprendere un “nuovo viaggio” in cui   si scoprirà la propria storia.

Paura non è emozione, ma fiducia in un tempo e la pedagogia è l’unico mezzo che potrà aiutare l’uomo a superare il binomio vita/morte di questo momento storico e essere la “guida”  per una formazione umana forte e capace di affrontare qualsiasi momento  della vita, della storia, della società...e come sostiene Pina Pulcina - i sentimenti veri il covid 19 non li ha intaccati.

L'opera, a mio avviso è consigliabile ai nostri figli, alle nuove generazioni affetti da videodipendenza, ossia un mondo freddo, grigio in cui i sentimenti non riescono ad approdare lasciando campo libero alla paura Per tali ragioni l'opera farà parte di un progetto didattico presso le scuole primarie confidando nella fattiva collaborazione di Pina Pulcina perché chi meglio di lei potrà insegnare che... nessun uomo è un’isola!

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